Ma quale sangue a pagamento. Ovvero 5 cose da sapere prima di straparlare di ciò che non si conosce

“I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”. Parola di Umberto Eco che nel giugno 2015 non l’aveva certo mandata a dire.
E come dargli torto. Della serie anche le pulci hanno la tosse. Ce ne accorgiamo quotidianamente quando ci scontriamo con personaggi che usano i social come strumenti per comunicare notizie false, per dar sfogo a considerazioni che normalmente nessuno avrebbe voglia di ascoltare, se non addirittura per incitare alla violenza o all’odio, che sia razziale o contro le donne, e chi più ne ha più ne metta.
Tuttavia Yochai Benkler, professore di diritto all’ Università di Harvard in un’intervista del 2007 sottolineava che: “il fatto che oggi così tanta gente possa parlare, e che si stia raggruppando in reti di citazione reciproca, come la blogosfera, fa sì che per ogni individuo sia più facile farsi ascoltare ed entrare in una vera conversazione pubblica. Al contempo, sulla Rete ci sono un sacco di sciocchezze. Ma incontrare queste assurdità è positivo. Ci insegna a essere scettici, a cercare riferimenti incrociati e più in generale a trovare da soli ciò che ci serve. La ricerca di fonti differenti è un’attività molto più coinvolgente e autonoma rispetto alla ricerca della risposta da parte di un’autorità.»
Per cui ritengo importante chiarire alcuni punti in merito ad uno scambio di opinione avvenuto proprio sui social in questi giorni. Il problema discusso è il seguente: il sangue si paga? Confesso che se non avessi visto con i miei occhi lo scambio di battute non ci avrei creduto, sperando che anni di informazione e comunicazione in merito avessero sortito l’effetto desiderato. Ma ho dovuto ricredermi.
La discussione è partita sulla solita richiesta di sangue per una bambina talassemica (e di questo aspetto ho avuto modo di parlarne già in passato). Questa volta però l’esperta di turno mette in guardia gli altri membri del gruppo dicendo “il sangue che viene donato gratuitamente, loro (riferendosi all’AVIS) lo vendono anche caramente. Per donare il sangue andate in ospedale!!!!”.
1Ora, a parte la considerazione che l’uso dei punti esclamativi ripetuti fa tanto tamarro (ma qui viene fuori la mia anima da professore) e a parte il fatto che parli di AVIS (ma potrebbe tranquillamente parlare di FIDAS o di un’altra associazione presente in Italia), vorrei evidenziare che l’informazione è totalmente scorretta. Forse quanto riportato dalla nostra esperta in medicina trasfusionale fa parte della storia di un altro tempo o di quella di un altro paese, ma non dell’Italia del 2017.
Non paga della sua precedente affermazione, continua ricordando che il compagno che ha avuto come docente un tale prof. del quale ho omesso il nome, gli aveva sentito dire che “in periodi di carenza di sangue, l’ospedale era costretto a comprarlo all’AVIS pagando tipo (e anche sull’uso di “tipo” potrei scrivere un intero saggio) 100euro a sacca”. Sì questo avveniva, non proprio come descritto dalla nostra esperta, ma nella prima metà del secolo scorso. Poi fa riferimento al lavoro dei volontari che percepiscono 5euro per ogni donatore reclutato. In questo caso non la posso completamente contraddire, ma mi permetto di spiegare il tutto meglio più avanti. E siccome vanno tanto di moda le liste anche io ne ho preparata una per ricordare alcuni aspetti importanti, con la speranza che circoli in rete e contribuisca a fornire l’informazione corretta.

1. Il sangue non si paga. Significa che se un paziente necessita di una terapia trasfusionale, ovvero di sangue, di plasma, di globuli rossi o di piastrine, non deve mettere mano al portafogli. La terapia trasfusionale, infatti, rientra nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza, ultimamente aggiornati dalla Ministra della Salute. Quindi è garantita dal Servizio Sanitario Nazionale senza prevedere neanche la compartecipazione di spesa (ossia a nessun titolo è richiesto il ticket)
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2. Le Associazioni di donatori volontari di sangue e le relative federazioni, in base all’articolo 7 della legge 219 del 2005, “concorrono ai fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale attraverso la promozione e lo sviluppo della donazione organizzata di sangue e la tutela dei donatori”. Percepiscono un rimborso dal Sistema Sanitario Nazionale per l’attività di sensibilizzazione e promozione del dono. Con quanto percepito le Associazioni di donatori di sangue provvedono a coprire le spese di gestione dell’Associazione (dal canone di locazione della propria sede alle utenze di luce, gas e telefono, al rimborso spese dei volontari che hanno cariche associative, come previsto nei loro statuti) e la copertura delle attività previste dalla normativa e svolte in convenzione. Il tutto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 14 aprile 2016 in sostituzione dei precedenti atti normativi in merito.

3. Alcune associazioni in Italia gestiscono direttamente le Unità di Raccolta. In questo caso sono rimborsate le spese per il personale medico e infermieristico impiegato nella raccolta del sangue e degli emocomponenti, come pure quelle per l’acquisto del materiale per la raccolta. D’altronde perché un medico o un infermiere che in ospedale sono retribuiti per il loro lavoro non dovrebbero esserlo in un’Unità di Raccolta che opera sotto la responsabilità tecnica del Servizio Trasfusionale dell’Azienda sanitaria convenzionata?
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4. Le Associazioni sono fatte di persone. La maggior parte delle quali crede profondamente nel valore del volontariato. Spesso sono padri e madri di famiglia, giovani e meno giovani, pensionati o studenti. Per loro la scelta del volontariato è innanzitutto una scelta di vita basata sulla convinzione dell’importanza di mettersi in gioco in prima persona. Molti di loro che ho la fortuna di conoscere personalmente rinunciano alle vacanze o alle ferie per prestare la propria attività, dedicano tempo, energie e soprattutto passione. I rimborsi spese, e di rimborsi si tratta, coprono spese vive come il viaggio in auto o il biglietto del treno per raggiungere la sede di un incontro e così via. Ovviamente, come ho detto prima, le associazioni sono fatte di persone. E in questo caso c’è sempre il furbetto della situazione, quello che prova a passare avanti nella fila, o chi percorre la corsia di emergenza sul Raccordo intasato. Per cui tra le centinaia di migliaia di volontari che operano in maniera disinteressata c’è anche chi si approfitta delle situazioni. E in qualche caso che ho avuto modo di conoscere direttamente ci sono realtà associative locali in cui viene pagato il volontario reclutatore. Ma posso affermare con tranquillità che si tratta dell’albero che cade mentre una foresta continua a crescere.

5. Iscriversi ad un’associazione favorisce una più corretta chiamata del donatore. È vero che la donazione è un atto anonimo, volontario, gratuito e non remunerato, ma in questi anni si sta lavorando per garantire che la donazione programmata avvenga quando serve. L’associazione dei donatori di sangue sa di quale emocomponente c’è bisogno e soprattutto quando ce n’è bisogno ed associarsi (come hanno fatto l’80% dei donatori periodici in Italia) permette una programmazione del dono mirata, senza che nemmeno una goccia di sangue vada sprecata.
La lista sarebbe ancora lunga, ma sono certo che non mancheranno altre occasioni per rimpolparla, come sono certo che i volontari del dono che leggeranno queste righe avranno modo di dire la loro.

Cristiano Lena, donatore di sangue e Responsabile Comunicazione FIDAS Nazionale

3 pensieri su “Ma quale sangue a pagamento. Ovvero 5 cose da sapere prima di straparlare di ciò che non si conosce

  1. Prima considerazione c’e’ una proporzionalita’ inversa tra scolarizzazione e donazione di sangue e per queste legioni di..
    come faranno a trovare fonti differenti per arrivare ad una risposta da parte di un’autorita’. Seconda considerazione che dire dei punti esclamativi che vedo utilizzati in tutte le accezioni. Chi ha dato a queste legioni d…di poter dissertare su questo e tutto lo scibile umano?

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  2. Però, le donazioni fatte direttamente negli ospedali dovrebbero costare molto meno, basta pensare a tutte le sedi che come già citato hanno da pagare spese di mantenimento, i trasporti, le trasferte, ecc. Il sangue rimarrebbe direttamente all’ospedale che potrebbe fare scambi anche con altri. Mi viene da pensare che le associazioni di raccolta siano antieconomiche.

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    1. Buonasera Daniele, infatti i rimborsi sono per le Associazioni che si occupano della chiamata del donatore e variano nel caso in cui la donazione sia fatta in ospedale o presso le Unità di Raccolta gestite direttamente da queste

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